Il rotolo al limone di Mariarosa






Era un piccolo paese.

Strade piccole, lampioni piccoli, fiocchi di neve piccoli.

I suoi abitanti erano alti poco più di un fiammifero. Le piccole manine uscivano fuori da minuscoli cappotti di lana, gli occhietti a fessura piccoli e guardinghi.

La cosa strana di questo paese era che tutti avevano la stessa statura. I bimbi crescevano fino a raggiungere quell'altezza. Poi nulla più.

Anche le taglie erano le stesse per tutti. Dei fiammiferi non avevano solo l'altezza ma anche la corporatura. E anche l'aspetto. Perché non li riconoscevi mica. Erano tutti uguali.

Non c'erano alti, magri, grassi, bassi, brutti o belli.

Tutti inesorabilmente uguali.

Certo, c’era il problema dei capelli. A volte spuntava una testolina bionda, una rossa, una magari color castagna. Ma non ci si perdeva d'animo! Tutti con un bel cappellino rosso, anche d'estate. Ma tanto l'estate del paese piccolo era quasi inesistente perché il gelo e la neve erano appiccicati a quei luoghi con una tale tenacia che nemmeno la colla più potente di questo mondo avrebbe potuto tenerli cosi uniti.

Sembravano tutti felici al paese piccolo, soprattutto a Natale. Piccole palle rosse e bianche, canti che riecheggiavano nell'aria, funzioni religiose nella piccola chiesa del paese. E poi il pasto di Natale che era cucinato dal Sindaco in persona, ovviamente uguale per tutte le famiglie.

Pasta al sugo, pollo al sugo e per dessert una bella torta rivestita con un fiocco rosso.

E anche i regali erano gli stessi per tutti. Li decideva la piccola fioraia del paese.

Piccole stelle di Natale per tutti. Grandi e piccini.

Ovviamente rosse.

Ai bimbi la maestra del paese regalava un tubetto di colore, ovviamente rosso.

Una concessione stravagante e inopportuna secondo le vecchie del paese ma tanto non c'erano più i giovani di una volta.

"Maledetta gioventù bruciata" mormorava in quella bocca senza denti il dottor Piccino, medico condotto del paese.

Un giorno arrivò il camion delle consegne. L’omino scaricò di fronte alla scuola del paese tre cassette rosse piene di colori rossi per i bimbi. E lo fece in fretta il buon uomo. Quel paese così piccolo lo impauriva, gli faceva venire un groppo in gola...oltre alle numerose difficoltà che aveva  un uomo come lui, alto un metroetantavogliadicrescere, nello spostarsi in un paese di lillipuziani.

E fu proprio per la fretta di andarsene che successe il Guaio. Dalla tasca gli scappò un tubetto di colore. Giallo. Lo aveva messo da parte per la sua bimba che amava tanto colorare.

Il fiammifero numero 85 (al piccolo paese preferivano chiamarsi con i numeri) lo prese e lo guardò incuriosita. E si perché il numero ottantacinque in realtà era una splendida bimba di nome Angelica, la più sveglia del paese, la più sognatrice, l’Unica a chiedersi cosa ci fosse al di là della linea dell'orizzonte....

Angelica, altrimenti detta 85, corse in camera sua. Voleva osservare quel colore così strano...le ricordava una vecchia illustrazione che sua mamma le aveva strappato dalle mani. Raffigurava un sole splendente.

"Storie, tutte storie, il sole non esiste. Esiste il freddo, la neve e il colore rosso." Queste le parole della genitrice di Angelica, la signora numero 543.

La bimba prese un foglio di carta. Aprì il tubetto del rosso e poi quello del giallo.

Il suo gatto (ovviamente bianco con collare rosso) saltò su quel foglio facendo cadere i due colori.

Angelica li guardò spaventata. Le due macchie colorate correvano una verso l'altra, come due amanti insaziabili.

Correvano, si univano e mano mano da quella unione nasceva altro. Qualcosa di nuovo, di inusuale. Nasceva l'arancio.

Angelica immerse il dito timorosa. Chissà cosa succederà! Mi si friggerà il dito, diventerò calva, andrò all'Inferno!

Mentre pensava tutto questo iniziò a girare, a mescolare, ad annusare.

Quel colore le piaceva proprio. Era caldo, sapeva di fili d’erba e fiori, di palle lanciate in aria e di risate di bambini.

Angelica chiamò a raduno tutti i piccoli fiammiferi di quel paese.

Incuriositi i bimbi cominciarono a spargere quel colore sui muri, sulle finestre, sui vestiti.

Un terremoto. Un terremoto di dimensioni paurose, pensarono i grandi.

Perché il boato fu grande, immenso. Le piccole case ridotte in macerie. Rumore di legno rotto ovunque.

Si radunarono nella piazza del paese e i loro occhi si riempirono di terrore.

I loro piccoli bimbi fiammiferi non esistevano più.

Al loro posto bimbi alti chi come tre mele, chi come quattro, chi come otto mele messe insieme. E i capelli. Bimbi biondi, bimbi mori, bimbi color castagna. E su tutte l'inconfondibile testa color fuoco di Angelica.

Fu un processo irreversibile. I bimbi furono lavati, candeggiati, strizzati ma non ci fu nulla da fare.

Erano cresciuti.

Più dei loro genitori.

La curiosità li aveva fatti crescere.

E l'idea che magari, al di là dell'orizzonte, potesse esserci qualcosa di diverso.

Questo rotolo è un pezzo di memoria, un baluardo del tempo andato.


Ve lo ricordate il vecchio ricettario Bertolini, quello con Mariarosa?

Pagine vecchie, pagine che sanno di pomeriggi piovosi, di mamme che lavoravano a maglia (quanti maglioni urticanti ci siamo dovute sorbire?)





Il rotolo ve lo propongo nella versione al limone. La crema è senza uova. Una scelta ben precisa considerato il fatto che nella base se ne utilizzano tre. E' pronto veramente in un attimo ed è buonissimo sia appena fatto che il giorno dopo.

Occhio alla crema.

E' talmente buona che il rischio è quello di finirla prima di farcire il dolce!!

(Fonte ricetta crema: Cucina-Green)



 ROTOLO AL LIMONE 



Per la base:



3 uova

140 grammi di zucchero

70 grammi di farina

30 grammi di amido di mais

50 millilitri di latte

1\2 bustina di lievito per dolci

1 bustina di vanillina o essenza di vaniglia





Per la crema:



400 millilitri di latte (possibilmente intero)

2 limoni (tre se vi piace il sapore del limone più forte)

70 grammi di farina

Scorza di un limone

120 grammi di zucchero




Prepara la crema:


Versa zucchero e farina in un pentolino d'acciaio. Unisci il succo dei limoni e la scorza, aggiungi il latte che avrai scaldato leggermente.
Mescola con una frusta e porta ad ebollizione, fai bollire per due minuti circa.
Spegni e fai raffreddare.




Prepara la base:

Separa i tuorli dagli albumi e monta questi ultimi a neve e mettili da parte
Prendi la planetaria o il mixer e monta per cinque minuti i tuorli con lo zucchero
Il composto è bello gonfio e spumoso? E' chiaro? Perfetto, passa alla fase successiva.

Aggiungi il latte, la vaniglia e la farina setacciata con il lievito e l'amido di mais
Mescola bene, prendi una spatola e unisci gli albumi.
Mi raccomando, mescola con cura dall'alto verso il basso, unendo poco composto di albumi per volta.
Se la fretta ti prende la mano l'impasto ti tradirà come il più perfido dei compagini smonterà e non ci sarà verso di riprenderlo!


Prendi la teglia del forno.
Rivesti la superficie con un foglio di carta forno.
Trucchetto: con l'albume montato incolla i quattro lati del foglio alla teglia. Sarà più semplice versarvi il composto (la carta non si muove).

Versa il composto preparato sulla carta forno, cerca di dargli una forma rettangolare.

Cuoci in forno caldo (180 gradi) per circa 15 minuti (ma tieni d'occhio il tuo rotolo, ogni forno è diverso, infila uno stecchino al centro, se è cotto esce pulito!)


Prepara un canovaccio pulito
Tira fuori dal forno la base e rovesciala sul canovaccio
Stacca il foglio della carta forno
Aiutandoti con il tessuto, arrotola il composto e lascialo cosi, fallo raffreddare.


Una volta freddo, srotolalo con cura, farcisci con la crema al limone, arrotola di nuovo e spolvera con zucchero a velo.


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