Che d'è?
Come che d'è? Una fettuccina no?
Seee, na fettuccina. Che c'ha a ruga? Si nun c'ha la ruga, nun è na fettuccina.
Questo è uno dei siparietti con la famosa Assuntacheproblemac'è (QUI trovate la storia) che hanno segnato la mia adolescenza. Trascorrevo i miei pomeriggi in compagnia di una versione di greco e una domanda esistenziale che mi teneva sveglia la notte:
Ma la fettuccina con le rughe esattamente...cos'è?
Durante i fine settimana andavo dietro le quinte del ristorante di mio fratello. Vera cucina romana condita da personaggi che sembravano usciti da un sonetto di Trilussa. C'era Severino il cameriere che amava i gatti e Anna Magnani, Franco il lavapiatti che ce l'aveva sempre con il governo e Assunta che aveva una missione: insegnarmi l'arte culinaria romana perché "te se coce er cervello sempre su sti libbri".
Prima ricetta: le Fettuccine alla Papalina, un piatto che sta a Roma come il babà a Napoli. Dovete sapere che a via del Mascherino c'era un tipico ristorante, il Ristorante del Colonnato, che affacciava direttamente su San Pietro. Il suo titolare, Ceseretto Simmi, era un tipino tutto pepe e pieno d'inventiva. Siamo a metà degli anni Trenta. I piatti di Cesarino, vista la vicinanza con il "Cuppolone" erano richiesti spesso in Vaticano dall'allora segretario di Stato Eugenio Pacelli, il futuro papa Pio XII.
Un giorno il segretario avvisò di corsa il ristoratore. Un pranzo improvviso con ospiti stranieri molto importanti e la necessità di tirare fuori un piatto di pasta diverso dal solito.
Cesarì, aiutame tu a fa' bella figura.
E Ceseretto Simmi, avendo poco tempo a disposizione, decise di puntare su una versione un po' ingentilita della carbonara. Così nacquero le Fettuccine alla papalina.
Assunta aveva una sola missione: 'ste fettuccine io le dovevo fare a mano. Prendi a spianatora (spianatoia), metti la farina, fai la fontana, metti le uova e comincia.
Dondola.
T'ho detto dondola.
Come dondolo?
Dondola, avanti e indietro.
Ma come dondolo?
Mmmmmmhhhhh, mannaggia li pescetti, mettete a "zazzica culo"
😮
Non ci credete? Vi basta aprire un semplice libro dove si narra la storia della Roma che fu, di quella autentica e vera per trovare questa espressione così colorita. Non è semplice invenzione di chi scrive, ma credetemi, spaccati di vita reale normali e autentici nella vita dei romani. Quando ho cercato la storia della papalina mi sono imbattuta in questa espressione che mi ha riportato indietro di ehm...circa trent'anni!
Non ci credete? Vi basta aprire un semplice libro dove si narra la storia della Roma che fu, di quella autentica e vera per trovare questa espressione così colorita. Non è semplice invenzione di chi scrive, ma credetemi, spaccati di vita reale normali e autentici nella vita dei romani. Quando ho cercato la storia della papalina mi sono imbattuta in questa espressione che mi ha riportato indietro di ehm...circa trent'anni!
Ora perdonerete l'audacia ma l'espressione tipica romana di Assunta voleva significare una cosa importante: la vera fettuccina la fai solo se mentre impasti dondoli avanti e indietro con il posteriore. Un movimento lento e leggero che corrisponde al movimento delle braccia intente a impastare.
Ecco, ora spianale e tagliale.
Fatto.
Le prendeva, le tirava su e con una piccola smorfia attaccava la solita litania...
Nun c'hanno la ruga.
Ma che diamine era 'sta ruga?
L'ho capito il giorno che giurai che quelle sarebbero state le ultime fettuccine fatte dalla sottoscritta.
Assunta tirò su una fettuccina, la guardò in controluce e senza dire nulla le mise in pentola.
Una volta pronte mi disse di assaggiare.
Come te parono Monachè? (quanto ho odiato questo vezzeggiativo del mio nome).
Ruvide Assu'.
Nun so' ruvide, c'hanno la ruga.
E so' perfette così!
Habemus papam, non solo c'ero riuscita ma avevo anche capito cos'era sta benedetta ruga. Era un concetto molto semplice ma capace di distinguere tra una pasta all'uovo buona e un'altra meno.
La sfoglia deve essere ruvida, deve trattenere il condimento, lo deve stringere in un abbraccio senza tempo e non farlo scivolare via.
Soprattutto quando la ricetta è semplice, con pochi ingredienti..come le fettuccine alla Papalina.
Se decidete di realizzarla, fate attenzione alla pasta. Fatela a mano, se potete, tirandola con il mattarello e non con la macchinetta. Oppure se il tempo stringe affidatevi alla sicurezza di un'ottima marca, capace di garantirvi un risultato simile a quello che otterreste con le vostre mani, come le fettuccine Filotea.
Una piccola precisazione. Vi sarà capitato di vedere tra gli ingredienti delle Fettuccine alla Papalina i piselli. Variante gustosa, ma pur sempre una variante.
La ricetta che vi propongo è quella di Fausto Simmi, figlio di Ceseretto, la fonte più attendibile dalla quale attingere la vera Papalina, non trovate?
(fonte ricerca storica Livio Jannattoni)
FETTUCCINE ALLA PAPALINA
400 g fettuccine
4 uova
150 g prosciutto crudo
burro
cipolla
parmigiano grattugiato
Fai soffriggere in un tegame, con burro e cipolla tritata, il prosciutto crudo tagliato a dadini.
Fai cuocere le fettuccine in abbondante acqua salata.
Batti le uova insieme al formaggio grattugiato.
Scola le fettuccine, rimettile in pentola e versa il soffritto con il prosciutto.
Fai mantecare per qualche istante e aggiungi le uova battute. La fiamma deve essere bassa. Continua con delicatezza la tua mantecatura.
Servi subito e aggiungi se vuoi pepe fresco di mulinello.
Una storia bellissima, mi perdo sempre volentieri nei tuoi racconti. Da provare le fettuccine, non conoscevo benela ricetta.
RispondiEliminaMi hai tenuta incollata al testo dalla prima riga in poi. Buon weekend!
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